L’ISTITUTO

Il 1° ottobre 1963, a Ivrea, nasceva L’Istituto Tecnico Statale Commerciale e per Geometri, sostituendosi al ben avviato istituto privato della signorina Angiola Bollo, grazie all’impegno del Comune che si assunse tutti quegli oneri che, per legge, avrebbero dovuto competere alla Provincia. Il forte sviluppo della Olivetti, delle sue collegate e dell’indotto in quegli anni, richiedeva numerose giovani figure professionali, ma queste non potevano formarsi a causa dei costi della scuola privata e all’impossibilità di frequentare scuole pubbliche a Torino. Nello stesso periodo, furono aperte in città anche le sezioni staccate di Istituti torinesi per periti e per la formazione professionale dei meccanici. Anche lo l’ Istituto professionale per il Commercio G. Jervis, nacque allora, in conseguenza della soppressione dell’Avviamento, avvenuto con la costituzione della scuola media unificata.

L’Istituto “Giovanni Cena” – il nome fu assunto qualche anno più tardi – fu subito frequentatissimo e i locali del vecchio Bollo, in via San Giovanni Bosco, si dimostrarono immediatamente insufficienti, per cui, per la sezione geometri, furono approntate alcune aule all’ultimo piano di una delle due caserme Valcalcino, in via Dora Baltea. Due anni più tardi, tutto l’Istituto si trasferì alla Valcalcino, occupandone interamente un edificio e parte dell’altro. Altri due anni dopo, la sezione geometri si trasferì in via Varmondo Arborio, altra ex caserma, dove tutto l’Istituto si ricompattò nel 1972.

Nel frattempo, l’Istituto aveva tenuto a battesimo la sezione staccata di Cuorgnè, quella che in seguito divenne l’Istituto XXV Aprile.

Il 1972 fu un anno importante, perché segnò il passaggio del personale amministrativo ad ausiliario dal Comune alla Provincia, anche se i locali continuavano ad essere forniti dal Comune che talvolta ne era proprietario e talaltra prendeva in affitto o in comodato proprio per le scuole. Nei primi anni settanta, la mappa delle aule delle scuole superiori di Ivrea disegnava un mosaico che coinvolgeva tutta la città.

L’Istituto continuava a crescere e l’edificio presentava seri problemi di struttura: fu necessario far migrare alcune classi a Palazzo Giusiana, altre all’ex fabbrica Diatto a Porta Aosta ed altre ancora nell’ex Seminario minore. Quest’ultimo edificio venne interamente ristrutturato e, quando nel 1976 la sezione geometri divenne autonoma – l’Istituto A. Capitini – ne divenne la sede fino al 1998. Più tardi, alcune classi furono sistemate in un prefabbricato in via Dora Baltea, nell’area su cui fu poi costruita la nuova sede dell’Istituto per ragionieri, ampliata con un nuovo plesso dopo la riunificazione con la sezione geometri avvenuta nel 1994. Finalmente, nel periodo natalizio del 1998, anche la sezione Geometri si trasferì nei nuovi locali di via Dora Baltea.

Le strategie di accorpamento delle scuole superiori volute a livello ministeriale e attivate dal Provveditorato negli anni ’90 portarono all’unione dell’Istituto con il professionale G. Jervis nell’autunno del 2000.  Quindi, oggi, il più che quarantenne Cena si chiama Istituto di Istruzione Superiore “Giovanni Cena”.

 

GIOVANNI CENA

(Montanaro,12 gennaio 1870 – Roma,7 dicembre 1917) è stato uno scrittore italiano.

Giovanni CenaNato nella poverissima e numerosa famiglia di un tessitore poté studiare dal 1881 a Torino e poi nel Seminario di Ivrea dal 1886 dal quale fu espulso tre anni dopo per aver detenuto dei libri non consentiti.
Riuscì a proseguire gli studi nell’Università di Torino, allievo di Arturo Graf; nel 1902 fu assunto, a Roma - dove per alcuni anni ebbe una relazione con la scrittrice Sibilla Aleramo - come capo redattore della prestigiosa rivista «Nuova Antologia», e si dedicò a una intensa opera di assistenza e promozione sociale verso le popolazioni della campagna romana.
Nel 1904 nacque il sodalizio con il dottor Angelo Celli, il fondatore della "Società per gli studi contro la malaria". Da quel momento in poi, Giovanni Cena iniziò a battersi per il risanamento e l'alfabetizzazione dell'Agro Romano e delle paludi pontine, insieme ad un piccolo gruppo di studiosi fra cui Angelo Celli, Anna Celli, Alessandro Marcucci e, in modo discontinuo, Sibilla Aleramo. Giovanni Cena testimonia la triste visione della vita nelle paludi in alcuni articoli, da lui redatti, nel volume “Come vive il campagnolo dell’Agro Romano”. Iniziò ad aprire scuole in capanne, chiese abbandonate, granai, vagoni ferroviari in disuso, ma ben presto incontrò l'ostilità dei latifondisti romani, i quali iniziarono ad impedire ai maestri l'accesso alle loro proprietà. Alcuni di loro fecero sloggiare le scuole, consci del fatto che l'alfabetizzazione avrebbe ridotto progressivamente la loro capacità di soggiogare il popolo. La diffusione della cultura, comunque, proseguì, grazie anche ai fondi stanziati dal Comune e dalla Provincia di Roma e all'appoggio della duchessa Caetani, che nel 1913 mise a disposizione di Giovanni Cena un locale per organizzarvi la prima vera scuola dell’Agro Pontino. In questa zona le scuole erano organizzate in funzione delle esigenze della popolazione, delle loro abitudini, dell’età e condizioni degli scolari; avevano inoltre programmi e calendari particolari: prima dei grandi lavori del fieno del frumento, chiudevano. Il programma di Giovanni Cena era moderno e rivoluzionario: andare tra la gente, cercare e non attendere gli alunni. Le scuole dell’Agro nacquero sicuramente dalla passione civile e culturale del piccolo gruppo che gravitava attorno ad Angelo Celli, apostolo e maestro. Tuttavia è difficile pensare al loro funzionamento e al loro sviluppo senza la figura determinante di Giovanni Cena. Eppure, sulle scuole dell’Agro Pontino egli divise sempre il merito con i suoi colleghi.
Il 17 maggio 1915, una settimana prima dell’entrata in guerra dell’Italia, Giovanni Cena entrò a far parte del "Comitato di preparazione civile". Percorse l’Agro Pontino e le paludi e andò spesso in Abruzzo, testimone del dramma del terremoto. Lì creò asili e rafforzò il suo legame con la popolazione aiutando la povera gente a rivendicare i propri diritti.
Nell’estate del 1915 è al fronte per la sua rivista: ottiene di stare qualche settimana in trincea per capire fino in fondo cos’è la guerra; negli ospedali di Roma organizza la scuola per i feriti analfabeti; fonda e dirige “Il Piccolissimo”, un giornalino di propaganda per gli alunni e i loro parenti.
Morì di polmonite a Roma nel 1917. Nel 1921 fu eretta la scuola in muratura a Casal delle Palme in onore di Giovanni Cena, “poeta del cuore, buon cittadino della patria, amico fervente della scuola e dei lavoratori dell’Agro Romano”. Oltre alle poesie, di lui resta soprattutto il romanzo sociale Gli ammonitori, uscito nel 1903. Tutte le sue opere, raccolte in cinque volumi, furono pubblicate a Torino nel 1928.

CONTESTO SOCIO-ECONOMICO

All’inizio del XX secolo fiorirono a Ivrea numerose attività imprenditoriali, favorite dalla nuova politica di incentivazione industriale inaugurata dall’amministrazione comunale eletta dopo le elezioni del 1906, legata all’Associazione Commercianti e Industriali. Molti imprenditori forestieri scelsero Ivrea per impiantare nuove fabbriche, mentre nella borghesia eporediese vi era una bassissima vocazione a investire capitali in settori non "tradizionali".

Tra le principali, la Società Anonima Rossari e Varzi di Galliate rilevò l’ex cotonificio Ceretto & Meynardi, dando lavoro a 100 operai. Negli anni ’60 entrò in crisi e chiuse all’inizio degli anni ’70.

La ditta Paul Zhan e figli di Milano, produttrice di catenelle d’argento, acquistò nel 1908 l’altura sopra Porta Aosta, costruendovi un edificio imponente che nel dopoguerra prese il nome di Argenterie Diatto. La sua chiusura risale agli anni ’60.

Nel 1922 viene impiantata la Soie de Chatillon, già presente in Valle d’Aosta dal 1920, e dal 1923 inizia la produzione. Per far fronte alla richiesta di manodopera della nuova fabbrica si assiste ad un fenomeno di immigrazione dal Veneto e dal Friuli, anche di donne molto giovani che vengono ospitate in convitti di suore. Alla fine degli anni ’60 lo stabilimento di Ivrea è entrato a far parte del gruppo Montedison, con il nome di Montefibre. Entrato in crisi all’inizio degli anni ’70, la fabbrica conclude la sua attività intorno alla metà degli anni ’80.

L’industria più importante per la storia del Canavese è stata la Olivetti, la prima fabbrica di macchine da scrivere fondata nel 1908 da Camillo Olivetti, che già nel 1896 aveva fondato la CGS, fabbrica di apparecchiature elettriche trasferita poi a Milano. Lo sviluppo urbanistico e architettonico di Ivrea nel ‘900 è strettamente legato alla storia della Olivetti. La prima fabbrica in mattoni rossi viene edificata in una zona rurale, non lontano dall’abitazione di Camillo Olivetti, l’ex convento di San Bernardino. Nel 1933 a Camillo si affianca, nella guida della fabbrica, il figlio Adriano, straordinaria figura di industriale-intellettuale. Egli chiamerà a Ivrea architetti e intellettuali per progettare insieme a loro lo sviluppo della Olivetti, consapevole delle responsabilità sociali dell’industria e del peso che essa ha, e non può non avere, sulla configurazione e modificazione di un territorio, delle sue possibilità di qualificazione o di degrado delle aree scelte per i suoi insediamenti.

Nella metà degli anni ’30 inizia lo sviluppo dell’asse di via Jervis che porterà nell’arco di venticinque anni alla creazione di una vera e propria città nuova Olivettiana. I principali protagonisti sono gli architetti milanesi Figini e Pollini, che progetteranno gli ampliamenti della fabbrica, la fascia dei servizi sociali, l’asilo nido e alcune abitazioni per impiegati. Il loro lavoro, insieme a quello di altri architetti di fama internazionale, porterà alla creazione di un esempio unico all’interno del panorama architettonico italiano di età contemporanea.

Con la crisi della Olivetti a partire dall'inizio degli anni '90, Ivrea ha vissuto una sofferta riconversione della sua struttura economica ed occupazionale, che ha visto una crescita della piccola e media industria e l'aumento delle attività terziarie. Attualmente nei dintorni di Ivrea vi sono numerose ditte di piccole dimensioni, ma di notevole contenuto tecnologico.

Oggi Ivrea vive una nuova fase di promozione e di sviluppo legata al suo importante bacino turistico e ambientale caratterizzato dall’anfiteatro morenico dominato dall’imponente mole della Serra. Numerosi laghi di origine glaciale costellano le basse colline intorno alla città veicolando un discreto turismo di qualità. L’offerta enogastronomica si va sempre più affermando come uno dei settori di possibile sviluppo economico per il territorio. Il nostro patrimonio artistico - culturale fonda le sue radici sin da prima delle origini romane e trova la sua sintesi nella recente ristrutturazione del museo civico Garda che offre un interessante percorso di visita. Importante tappa della Via Francigena, Ivrea e il suo territorio nel Medioevo si sono arricchiti di significative testimonianze artistico-religiose e di castelli: patrimonio che andrebbe maggiormente valorizzato. Tutto ciò è a disposizione di chiunque voglia visitare il territorio in particolare nei giorni del nostro Storico Carnevale.

IL BACINO DI UTENZA

Bacino di utenza

Tradizionalmente, il bacino di utenza del nostro Istituto è sempre stato molto vasto: copre tutti i comuni canavesani spingendosi fino al territorio del Vercellese e del Biellese, della bassa Valle d’Aosta e della cintura torinese.

 

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